L’abitare innovativo: il mix vincente dell’Housing Giulia di Torino che punta sulle relazioni e sulla bellezza

 

Oggi vogliamo parlare del tema dell’abitare, una delle sfide più urgenti e più importanti del periodo che stiamo vivendo. Lo facciamo raccontandovi una ‘best practice’: quella dell’Housing Giulia, un progetto di abitare sociale a Torino promosso da Opera Barolo e gestito dall’impresa sociale Co-Abitare, in collaborazione con alcune cooperative del territorio torinese. Si tratta di 48 unità abitative nel centro di Torino, completamente arredate e destinate a studenti universitari, giovani lavoratori in trasferta, turisti e persone in momentanea situazione di disagio abitativo.
Ne abbiamo parlato con Andrea Biondello (che ringraziamo), Presidente dell’impresa sociale Co-Abitare, vicepresidente della Cooperativa Accomazzi e consigliere di amministrazione del Gruppo Cooperativo Cgm. Ecco l’intervista.

Partiamo dall’inizio. Come nasce Housing Giulia, con quali attori protagonisti e perché, per rispondere a quali esigenze?

“Housing Giulia nasce sotto l’impulso della proprietà, l’Opera Barolo, che ha voluto rigenerare uno stabile, in disuso, per destinarlo a un progetto di abitare sociale. L’Opera era alla ricerca di un partner che si occupasse con loro dell’intervento di riuso e successivamente della gestione. Così è nata la nostra collaborazione”.

Ci sono stati dei lavori strutturali sull’edificio? Finanziati da chi?

“Lo stabile è del 1800 e la sua prima vocazione è stata proprio l’accoglienza: Giulia di Barolo, figura importante nella storia di Torino, ospitava le donne in uscita dal carcere. Nel tempo è stata adibita a seconda delle esigenze. Per esempio, prima dell’ultima rigenerazione ospitava degli uffici comunali.
Data la storia dell’edificio, i lavori di ristrutturazione sono stati imponenti, finanziati in larga parte dall’Opera, ma anche da noi e dalla Regione con un contributo a fondo perduto”.

La fase di progettazione sociale invece come si è svolta?

“Dal 2013 gestiamo la residenza temporanea Luoghi Comuni Porta Palazzo, quindi si è trattato di declinare il nostro modello abitativo su una nuova struttura. Questi i principali elementi: accompagnamento sociale all’autonomia abitativa, un intervento di prossimità per le persone in condizione temporanea di fragilità per il raggiungimento di una piena autonomia abitativa, lavorativa e relazionale; gestione immobiliare della residenza; mix sociale con beneficiari di diversa natura: persone in emergenza abitativa, city users (giovani lavoratori e studenti, professionisti), turisti; mix funzionale con accoglienza abitativa, turismo, welfare culturale; tempi di permanenza brevi: massimo 12 mesi (+ 6 per emergenze); osmosi dentro e fuori la struttura: rapporto con le risorse e i cittadini del territorio”.

Quando è stata inaugurata Housing Giulia e come sono andate le fasi iniziali?

“È stata inaugurata a fine 2015, con un dono incredibile: il concerto del compianto Maestro Ezio Bosso, che ha dato inizio al nostro rapporto con l’arte. Le criticità sono state quelle tipiche dell’avvio di una struttura complessa, per esempio qualche problema impiantistico, ma, essendo la nostra seconda residenza, l’entusiasmo ci ha aiutati a non scoraggiarci”.

Nell’housing ci sono persone con esperienze molto diverse tra loro, perché avete puntato su questa convivenza?

“In Housing Giulia ci sono persone con bisogni differenti, ma anche risorse diverse.
Osservando la micro-comunità che si crea all’interno della residenza chi impara da chi? Il giovane in trasferta? La donna in emergenza abitativa? Il professionista? Abbiamo puntato sulla circolarità delle esperienze, perché la residenza diventasse uno spazio fortemente relazionale che accogliesse e rispondesse ai bisogni dei beneficiari, dal turista esperienziale alla persona in difficoltà, creando legami di solidarietà.

Avete puntato molto sui servizi. Come li avete pensati?

“Con l’esperienza della nostra prima residenza, abbiamo capito l’importanza della customizzazione della proposta di servizi per rispondere ai bisogni differenti dei beneficiari”.

Nel periodo Covid quali sono state e sono le sfide da affrontare per un’esperienza come la vostra?

“Per mettere in sicurezza la struttura seguendo le disposizioni per la prevenzione Covid, è servito un grande investimento, con una presenza costante dei gestori. Inoltre, il periodo ha portato a una forte diminuzione del turismo, ma nonostante tutte le difficoltà siamo fieri della tenuta economica”.

Due elementi: il rapporto con la città e la bellezza. Come li avete concretizzati e quanto sono importanti?

“Housing Giulia, come già sottolineato, è un bene rigenerato e restituito ai cittadini. Il rapporto tra il dentro e il fuori la struttura è fondamentale: ci impegniamo a mettere a disposizione del territorio gli spazi comuni, co-progettare attività, sviluppare servizi di prossimità, quali lo sportello di orientamento abitativo. Per quanto riguarda la bellezza, posso dire, come anticipato, che un’altra grande scoperta sono state l’arte e la cultura: diversi artisti di fama internazionale si sono innamorati del nostro progetto e ci hanno donato le loro opere. Troviamo un’impronta artistica al pian terreno nelle sale comuni affrescate da David Tremlett, negli appartamenti fioriti ad opera di Massimo Barzagli e resi vivi dalle istallazioni dell’Associazione Arteco o nel cortile alberato su cui si affacciano l’installazione di Edoardo Tresoldi e i parabordi di Alessandro Bulgini. Ogni giorno ci rendiamo conto di quanto sia potente l’impatto dell’arte e del bello sui percorsi di cambiamento delle persone che ospitiamo”.

Infine, se Cremona dovesse puntare ad una esperienza simile, quali consigli avresti da darci?

“Sicuramente il “bello” aiuta, quindi è importante puntare sulla qualità della rigenerazione degli spazi presenti. In secondo luogo, è fondamentale il rapporto con il territorio, legato all’attivazione di reti di prossimità. Infine, è necessario strutturare un mix sociale e un mix funzionale: beneficiari di diversa natura creano una circolarità esperienziale e pensare attività e servizi differenziati a seconda dei diversi bisogni aiuta il benessere dei beneficiari e la sostenibilità economica di chi gestisce la struttura”.